DOI: http://dx.doi.org/10.18601/21452946.n16.13

Il principio del mérito nel diritto delle amministrazioni romane. Riflessioni storico-comparatistiche sulle carriere nei pubblici uffici

El principio del mérito en el derecho de las administraciones romanas. Reflexiones histórico-comparatísticas sobre las carreras en las oficinas públicas

The principle of Merit in the Law of Roman Administration. Historical-Comparative Reflections about Careers in Public Office

Andrea Trisciuoglio1*

1 Doctor en Derecho Romano y Derecho de la Antigüedad, universidades de Bolonia y Padua, Italia. Profesor asociado de Derecho Romano, Dipartimento di Giurisprudenza, Universitá di Torino, Turín, Italia. Correo-e: Andrea.trisciuoglio@unito.it

Fecha de recepción: 25 de junio de 2016. Fecha de modificación: 2 de septiembre de 2016. Fecha de aceptación: 15 de septiembre de 2016.

Para citar el artículo: Trisciuoglio, A. "Il principio del merito nell'esperienza giuridica romana. Riflessioni storico-comparatistiche sulle carriere nei pubblici uffici", Revista digital de Derecho Administrativo, n.° 16, Segundo Semestre, Universidad Externado de Colombia, 2016, pp. 279-295. DOI: http://dx.doi.org/10.18601/21452946.n16.13.


Riassunto

Il contributo mette a confronto il diritto delle amministrazioni romane, in particolare quello tardoimperiale basato sulle costituzioni degli imperatori, con il diritto costituzionale-amministrativo italiano (ivi incluse le piú recenti novitá normative) in tema di accesso e avanzamento nei pubblici uffici. si osserva come nei due diritti considerati si delinea il principio meritocratico e si riflette, alla luce dell'esperienza romana, su come si possa giungere ad una sua concreta, condivisibile attuazione.

Parole chiave: meritocrazia, Cursus honorum, ambitio, Spoils System, promozione.


Resumen

El artículo hace una comparación entre el derecho de las administraciones romanas, en particular el del Imperio tardío que se basa en las constituciones de los emperadores, y el derecho constitucional-administrativo italiano (incluso las leyes más recientes) en materia de acceso y ascenso en la administración pública. Se observa que en ambos derechos se perfila un principio meritocrático, y además se plantea una reflexión a la luz de la experiencia romana sobre cómo es posible llegar a la concreta y compartida realización de este principio.

Palabras clave: Meritocracia, Cursus honorum, ambitio, Spoils System, Promociones.


Abstract

The article makes a comparison between the laws of the Roman authorities, particularly those of the late empire based on the constitutions of the emperors, and constitutional and Italian administrative law (including the most recent legislation) on the issue of access and promotion in public administration. In the article it is observed how in both laws the principle of meritocracy emerges, and proposals are made, in the light of the Roman experience, on how such a principle, which we can all agree with, can be concretely implemented.

Keywords: Meritocracy, Cursus honorum, Realm, Spoils System, Promotions.


1. Premesa

Nella dottrina pubblicistica italiana il principio del merito, per il quale nelle amministrazioni pubbliche devono accedere e avanzare nelle carriere i soggetti migliori (in genere secondo predeterminati criteri di valutazione) ha destato ultimamente un notevole interesse dal momento che la sua osservanza molto potrebbe giovare ad un piú efficiente funzionamento della pubblica amministrazione e dunque al rilancio economico-produttivo del nostra societá. In Italia, come pure in Colombia2, tale principio é considerato di livello costituzionale, piú pero per il profilo dell'accesso negli uffici pubblici che non per quello della progressione nelle carriere, dato che lo stesso é di solito associato all'obbligatorio ricorso alla procedura del concorso (salvo eccezioni previste Dalla legge) per l'ingresso nel pubblico impiego3. Fors'anche per tale motivo negli studi storico-comparatisticinon é stata considerata l'esperienza romana, per la quale non conserviamo in effetti traccia di tale sistema di reclutamento per le figure grosso modo corrispondenti ai pubblici impiegati, funzionari e dirigenti4; gli inizi di tale principio in Europa sono stati dunque collocati assai piú tardi, nel Settecento francese, quando un humus culturale favorevole era stato adeguatamente preparato da Voltaire e dagli enciclopedisti5.

Se tuttavia scolleghiamo il principio in esame dalle norme sul concorso pubblico, ignoto - come detto - ai Romani, e lo consideriamo piú in generale come criterio orientatore (seppure non teorizzato dai giuristi) immanente ne-lle regole di selezione per l'accesso e l'avanzamento nelle cariche pubbliche, l'esperienza romana ha, a mio giudizio, molto da offrire alla riflessione attuale financo come possibile modello di riferimento6; anche in tale esperienza per altro, come negli ordinamenti attuali, si rinviene con molta chiarezza una continua tensione tra il sistema del merito e il sistema del patronato politico, che oggigiorno nelle sue estreme applicazioni ha assunto le forme giuridiche dello spoils system di origine anglosassone7, oggetto di ripetute critiche da parte della Corte costituzionale italiana in particolare a causa della contrarietá ai principi di imparzialitá e di buon andamento che regolano l'azione della pubblica amministrazione8. Si prospetta dunque di notevole utilitá una ricostruzione storico-dogmatica di tale aspetto fondamentale dell'esperienza amministrativa romana, secondo le linee programmatiche da tempo tracciate da Antonio Fernández De Buján9, e nuovamente puo essere messa in discussione la convinzione che il diritto amministrativo, segnatamente i principi ad esso riconducibili, trovi la sua origine solamente nel XIX secolo10.

Devo dire che, per quanto riguarda i meccanismi di promozione di chi giá operi come dipendente pubblico all'interno della pubblica amministrazione, forti stimoli ad approfondire l'argomento da una prospettiva romanistica mi sono derivati Dalla seguente recentissima testimonianza sull'attuale situazione italiana di Lorenzo Ileva:

Chi vive nella P.A. [scil. Pubblica Amministrazione], quando prova a chiedere ai funzionari piú anziani quale sia stato l'ordinamento migliore del personale che abbia mai vissuto, avrá una risposta unica e certa: quello delle carriere di cui al T.U. d.P.R. n. 3 del 1957 succ. mod. [scil. successive modificazioni], in quanto era in grado di far progredire il personale in modo ordinato, attraverso un percorso certo fin dall'ingresso in ufficio, in modo costante e scandito da momenti di valutazione, senza alimentare troppi attriti tra i colleghi sul posto di lavoro11 (corsivo mio).

E il rimpianto di un quadro normativo di riferimento non piú esistente, nel quale l'impiegato o il funzionario pubblico potleva trovare certezza circa i tempi di progressione della carriera legati al merito periodicamente valutato.

2. Cariche pubbliche elettive

Nell'esperienza giuridica romana la scelta organizzativa di progressioni ordinate, segnate da una considerazione per l'esperienza gestionale pubblica acquisita nel corso degli anni di vita, é giá chiaramente visibile nell'etá repubblicana nella quale rappresenta un punto di svolta la nota lex Villia annalis (un plebiscito del 180 a.C.), essa forniva una disciplina presumibilmente organica del cursus honorum12, raccordando l'etá del candidato che si presentava ai comizi elettorali popolari con le diverse cariche magistratuali (in particolare questura, pretura, consolato), e tale etá aumentava parallelamente all'importanza delle funzioni e delle responsabilitá collegate a ciascuna magistratura13. Anche in ambito municipale, dove perdura piú a lungo la legittimazione popolare delle principali cariche pubbliche14, la carriera dei magistrati cittadini deve svilupparsi secondo un preciso ordine, segnato Dalla idoneitas, cioé dalle capacitá dimostrate anche nell'espletamento degli honores inferiori, e da una certa etá indicativa di una presumibile capacitá di discernimiento15. Piú in generale si puo considerare il merito (e la selezione di tipo meritocratico delle piú alte cariche pubbliche) uno dei valori fondanti del sistema costituzionale repubblicano, esaltato altresi nella riflessione filosofico-politica ciceroniana16.

3. Cariche pubbliche non elettive

Il termine di paragone forse piú significativo per le nostre riflessioni é rappresentato tuttavia dagli officiales inquadrati nell'amministrazione civile o militare tardo-imperiale (epoca da Diocleziano a Giustiniano)17, cioé, usando un termine riassuntivo, nella "militia" riorganizzata, come é noto, a partire dagli imperatori Diocleziano e Costantino18 secondo il modello gerArchico militare19. Rispetto a tale figura disponiamo in effetti di numerose testimonianze giuridiche, in particolare costituzioni imperiali, che riflettono scelte tutto sommato costanti circa i criteri valutativi per l'ingresso negli officia pubblici e soprattutto per la progressione di carriera all'interno degli stessi. Al di lá delle norme di dettaglio é invero ricomponibile un quadro piuttosto omogeneo, grazie anche ad una terminologia abbastanza uniforme che ricorre nelle dette costituzioni. Innanzitutto va osservato che gli imperatori avversano gli ingressi e le promozioni ottenuti con l'ambitio e il suffragium, cioé mediante manovre surrettizie e il patrocinio illecito20 di un mediatore (suffragator), prevedendo sanzioni giuridiche di diverso tipo, sia di carattere privatistico sia di carattere pubblicistico21. La visione politica degli imperatori circa la selezione degli alti funzionari civili e militari é chiaramente percepibile e ben riassunta nell'editto programmatico pronunciato da Giuliano a Lutetia Parisiorum (Parigi) nel 360 d.C., prima di diventare Augusto, in presenza delle truppe galliche in rivolta:

Amm. Marc., Res gestae 20.5.7: "Ut autem rerum integer ordo servetur, praemiaque virorum fortium maneant incorrupta, nec honores ambitio praeripiat clandestina, id sub reverenda consilii vestri facie statuo, ut neque civilis quisquam iudex, nec militiae rector, alio quodam praeter meritasuffragante, ad potiorem veniat gradum, non sine detrimento pudoris, eo qui pro quolibet petere temptaverit discessuro" ["Perché poi l'ordine sia rispettato pienamente ed i premi riservati ai valorosi rimangano intatti, né gli onori siano strappati con intrighi segreti, stabilisco alla presenza della vostra venerabile assemblea che né un funzionario civile, né un comandante militare possano assurgere ad un grado ellevato per altri motivi che non siano i meriti personali. E chiunque tenterá di chiedere favori per un altro qualsiasi, se ne dovrá andare svergognato", trad. di A. Selem, p. 419]22.

Dunque sono i merita individuali, e non l'ambitio clandestina, che saranno determinanti per le nomine imperiali dei piú alti funzionari civili e militari. E i merita sono continuamente richiamati nelle costituzioni imperiali come requisito per l'avanzamento nelle carriere pubbliche, requisito che deve abbinarsi ad altri due non sempre agevolmente distinguibili: 1) lo svolgimento effettivo del lavoro (labor) nelle funzioni di livello inferiore23, 2) il decorso del tempo previsto (statuta tempora24), nell'esercizio delle dette funzioni25. Possiamo dunque dire che la progressione di carriera, sul piano del "dover essere", richiede di regola il concorso di tre elementi fondamentali: il meritum, il labor, gli statuta tempora26.

E ciò valleva dal grado più basso (quello, per esempio, dei tirones) fino ai gradi piú alti: nelle costituzioni che si occupano dei passaggi di carriera si trovano i criteri della laborum adsiduitas (continuitá dell'effettivo servizio), della stipendiorum prolixitas (durata della retribuzione, cioé del servizio in un certo ruolo), dei merita27. Per quanto riguarda la militia armata, l'esercito vero e proprio da distinguersi rispetto alla militia palatina (la guardia del palazzo imperiale), non lascia dubbi la lettura di una versione in lingua greca di un editto dell'imperatore Anastasio che é databile nei primi anni del suo regno e che fu fatto pubblicare a Perge (Pamphilia) dal MagisterMilitum Praesentalis, anche qui si ricordano i tradizionali parametri normativi che scandIvano le progressioni di carriera all'interno dei diversi quadri dell'esercito: ἀξία (il merito), καταπόνεσις/κάματος (la fatica), στρατίας χρόνος (l'anzianità di servizio), oppsti all'ἀνβιτίων (ambitio), cioè la ricerca di illeciti favori e raccomandazioni che l’imperatore considerava(ambitio), cioé la ricerca di illeciti favori e raccomandazioni che l'imperatore considerava un fenomeno minaccioso per la generale concordia e dunque da estirpare28. Le carriere militari poi devono svilupparsi e completarsi gradatim nei reparti (numeri) di appartenenza e i trasferimenti anticipati da un numerus ad un altro (in genere di livello superiore) sono considerati manifestazioni di ambitio e contrari al criterio del labor, l'imperatore Onorio in modo assai significativo sottolinea che tale fondamentale principio che regge il governo del personale militare é richiesto Dalla publica utilitas29, cioé da un interesse pubblico all'efficienza degli apparati militari che qui, come altrove, deve prlevalere sugli interessi dei singoli30 . In altre parole, la legislazione imperiale chiaramente si pone in una posizione di contrasto rispetto a quegli avanzamenti che, particolarmente nella tradizione ecclesiastica, sono chiamati promotiones "per saltum"31.

Pure considerando piú in dettaglio la militia civilis (gli apparati burocratici non armati), é agevole rillevare la presenza di medesimi criteri normativi. Anche qui, a fronte di un chiaro sfavore per ambitiones e suffragia, si definiscono i percorsi delle carriere pubbliche secondo un ordo dove si progredisce con l'esperienza e i meriti acquisiti all'interno delle amministrazioni. In tal senso si esprime l'imperatore Costantino accennando al fenomeno della fuga dei curiales verso gli uffici palatini (o provinciali) che permettleva agli stessi senatori delle civitates di sottrarsi ai munera a loro imposti32, e la compera di dignitates e di honores da parte dei curiales che non hanno prima ricoperto ruoli nell'amministrazione imperiale é ancora piú gravemente sanzionata, poco piú di dieci anni dopo, dal figlio di Costantino, l'imperatore Costanzo II33. Per i diversi corpi am ministrativi palatini (scholae), ancora Costanzo II e gli imperatori successivi ribadiscono che la lleva legittima, o comunque privilegiata, per ascendere nelle posizioni amministrative é il lavoro speso con merito nei ruoli inferiori previsti nell'ordo militiae: cio é sancito, per esempio, in ordine agli agentes in rebus (agenti del servizio postale, con competenze investigative) per i quali gli avanzamenti di grado devono avvenire "matricula decurrente"34, e medesimi orientamenti normativi sono riscontrabili nelle amministrazioni municipali per le diverse cure e procuratele ambite dai senatori locali (decuriones)35. Tale rapida rassegna puo concludersi con una costituzione emanata dall'imperatore Zenone verso la fine del v secolo, ma in vigore ancora in epoca giustinianea per essere stata accolta nel Codex repetitae praelectionis. Essa fissa un divieto di carattere generale di "publicorum graduum seriem conturbare" contrastando la condotta di chi, brigando per ricercare favori ("per ambitionem velgratiam"), intenda acquisire posizioni spettanti invece all'officialis che ha maturato una certa anzianitá di servizio36.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Il modello che disciplina gli avanzamenti di carriera nelle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche nel Tardo Impero romano é un modello che risente molto dell'origine militare. Gli officiales sono inquadrati secondo organici rigidamente definiti, i rapporti interni sono fortemente gerArchizzati, per gli officiales il grado superiore (con i connessi aumenti stipendiali ed eventuali acquisizioni di privilegi) é accessibile solo se hanno effettivamente svolto un servizio, nei tempi previsti, nel grado inferiore: tutto cio si puo legare insieme mettendo in fila tre espressioni usate dalle cancellerie imperiali nella stesura delle numerose leges in materia: labor, statuta tempora, ordo militiae. Certo, la via maestra lastricata dall'effettiva attivitá lavorativa compiuta nelgradus inferior puo essere aggirata, le promotiones persaltum si possono conseguire, ma solo con il benestare insindacabile dell'imperatore, l'"arbiter meritorum"37 che rilascia formalmente i brevetti di nomina (codicilli)38, se all'origine pero dell'investitura imperiale vi sono manovre di carattere corruttivo (ambitiones, suffragia) le conseguenze sono ben diverse: rimozioni dall'ufficio, sanzioni patrimoniali, processi penali.

In un simile quadro, inevitabilmente semplificato ma idoneo - credo - a rappresentare le fondamentali linee di tendenza di un'epoca, qual é lo spazio riconosciuto ai merita che - l'esperienza umana insegna - non sempre si accompagnano al labor? In alcune leges imperiali, come si é detto, i merita risultano distinti dal labor, per l'ambito militare il dato emerge con chiarezza nell'editto di Anastasio (monumentum Pergense) da poco pubblicato39, che, trattandosi di un'iscrizione e non di un testo accolto e rimaneggiato in uno dei Codices ufficiali, riflette con maggiore fedeltá il linguaggio della cancelleria tardoimperiale. Possiamo dire quindi che nella mentalitá di quell'epoca non si pensava che i merita si accompagnassero necessariamente al servizio espletato, e si sará posto allora un distinto problema di valutazione dell'attivitá svolta e di individuazione dei soggetti valutatori. E qui viene, a mio giudizio, uno spunto di riflessione dall'osservazione dell'esperienza romana tardoimperiale nella quale, come si é giá ricordato40, si é voluto scorgere l'origine delle moderne organizzazioni statali. Certamente la valutazione del merito dovleva essere compiuta di regola dal funzionario posto al vertice dell'ufficio, ma per essa potleva essere determinante anche il iudicium scholae, cioé l'apprezzamento dei colleghi appartenenti al medesimo corpo amministrativo. Cio emerge, per esempio, in relazione aWadiutor, assistente di piú alto grado del Magister officiorum, scelto fra gli agentes in rebus41: é lo stesso Magister che avanzava la proposta di nomina all'imperatore, ma sulla base di una testimonianza resa da tutto il corpo amministrativo circa l'idoneitá del candidato non solo sotto il profilo morale ma anche professionale42.

Ora, nell'ordinamento italiano sono state recentemente introdotte riforme in ordine alle carriere dei pubblici dipendenti che hanno cambiato radicalmente il principio della progressione prima basato in larga misura sull'anzianitá di servizio, in particolare nell'art. 18 del Decreto legislativo n. 150/2009 (c.d. riforma Brunetta) si legge: "Le amministrazioni pubbliche promuovono il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale, anche attraverso l'utilizzo di sistemi premianti selettivi, secondo logiche meritocratiche, nonché valorizzano i dipendenti che conseguono le migliori performance attraverso l'attribuzione selettiva di incentivi sia economici sia di carriera"43. Sono stati quindi inseriti decisivi passaggi valutativi in ordine alle capacitá professionali dimostrate dall'aspirante alla promozione, nei quali non si é mancato di coinvolgere anche una rappresentanza di colleghi44. E ancora presto per poter dire se tali novitá normative hanno migliorato in termini di efficacia ed efficienza l'attivitá delle pubbliche amministrazioni, ma una previsione puo essere azzardata, credo, alla luce dell'esperienza romana. La possibilitá che un sistema fondato anche sul giudizio dei colleghi d'ufficio, sul "iudicium scholae", abbia successo puo dipendere in fin dei conti Dalla coesione interna dei corpi amministrativi, da un idem sentire in grado di affinare un comune e condiviso metro di valutazione del merito. Nel Tardo Impero esso era probabilmente garantito dall'adozione nella militia civilis del modello della militia armata, storicamente caratterizzata da una forte coesione dei diversi reparti e da spirito di appartenenza45.

La Pubblica Amministrazione dell'Italia odierna evidentemente non dispone piú di tale base aggregante, la sfida negli anni futuri sará dunque quella di ricostruire su fondamenti diversi quell'idem sentire che potrá rendere accettabile e accettata una valutazione del merito financo proveniente dal collega. Una sfida, ad un tempo, culturale e giuridica.


Notas

2 Vid. Cost. Col., art. 125: "Los empleos en los órganos y entidades del Estado son de carrera. Se exceptúan los de elección popular, los de libre nombramiento y remoción, los de trabajadores oficiales y los demás que determine la ley. Los funcionarios, cuyo sistema de nombramiento no haya sido determinado por la Constitución o la ley, serán nombrados por concurso público. El ingreso a los cargos de carrera y el ascenso en los mismos, se harán previo cumplimiento de los requisitos y condiciones que fije la ley para determinar los méritos y calidades de los aspirantes. El retiro se hará: por calificación no satisfactoria en el desempeño del empleo; por violación del régimen disciplinario y por las demás causales previstas en la Constitución o la ley. En ningún caso la filiación política de los ciudadanos podrá determinar su nombramiento para un empleo de carrera, su ascenso o remoción. Los períodos establecidos en la Constitución Política o en la ley para cargos de elección tienen el carácter de institucionales. Quienes sean designados o elegidos para ocupar tales cargos, en reemplazo por falta absoluta de su titular, lo harán por el resto del período para el cual este fue elegido".
3 Vid. Cost. It., art. 97, u.c.: "Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti Dalla legge".
4 Vid. Sabino Cassese e Jill Pellew, "Il sistema del merito nel reclutamento della burocrazia come problema storico", Rivista trimestrale di diritto pubblico, 37, 1987, p. 761; Giovanni Alberto Cecconi, "Conscience de la crise, groupements de pression, idéologie du beneficium: l'État impérial tardif pouvaitil se réformer?", Antiquitétardive, 13, 2005, p. 286.
5 Essi pervennero ad una valorizzazione del merito muovendo dal principio di eguaglianza e ammirando l'esempio cinese: vid. Sabino Cassese y Jill Pellew, op. loc. cit.; Ne derivo l'art. 6 della Déclaration des Droits de l'Homme e du Citoyen approvata dall'Assemblea Nazionale il 26 agosto 1789: "Tous les Citoyens étant égaux a ses [de la loi] yeux sont également admissibles a toutes dignités, places et emplois publics, selon leur capacité, et sans autre distinction que celle de leurs vertus et de leurs talents". In Italia il principio del merito non ha beneficiato di un espresso riconoscimento a livello costituzionale né nello Statuto Albertino (1848) né nell'attuale Costituzione (1948), che nell'art. 51, comma 1, si limita ad affermare: "Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti Dalla legge"; tale principio tuttavia lo si é desunto e lo si desume nell'interpretazione,. sul punto vid. Enrico Gustapane, "L'introduction dans le systéme administratif italien du principe du mérite pour l'accés aux emplois du secteur public: le Ministére de l'Intérieur", in Le systeme du merite. The merit system, Bruxelles, Sabino Cassese e Jill Pellew (ed.), 1987, pp. 143, 145 s., Marcello Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, II ed., 2013, p. 391.
6 Collocandomi con tale affermazione in una prospettiva de iure condendo, mi allontano da obiettivi assai piú ambiziosi (conoscenza del fenomeno giuridico nelle sue diverse manifestazioni, del diritto naturale, delle leggi costanti che ispirano il fenomeno giuridico) individuati da coloro che all'inizio del secolo scorso hanno combinato il metodo storico con il metodo comparatistico: vid. sul punto Giorgio Lombardi, Premesse al Corso di diritto pubblico comparato. Problemi di metodo, Milano: Giuffré, 1986, p. 18 s. Sulla funzione pratica (con proposte de iure condendo) e non solo gnoseologica della comparazione v. gli autori (Gorla, Cappelletti) citati da Rodolfo Sacco e Piercarlo Rossi, "Introduzione al diritto comparato", vi ed., in Trattato di Diritto comparato, Milanofiori Assago, Rodolfo Sacco (dir.), 2015, pp. 12 s.; un approccio storico-comparatistico allo studio delle legislazioni con dichiarate finalitá pratiche era giá stato eletto prima, nell'Ottocento, da Emerico Amari; sul pensiero del giurista palermitano v. recentemente Mario Serio, "Gli albori della comparazione giuridica nella "Critica di una scienza delle legislazioni comparate" (1857) di Emerico Amari", in Daigiuristi ai codici dai codici aigiuristi, Napoli, a cura di Letizia Vacca, 2016, praecipue 115, 126. Invece nella visione di Giovanni Pugliese, "Diritto romano e diritto comparato", ora in Id., Scrittigiuridici (1985-i995), Napoli, a cura di Letizia Vacca, 2007, p. 497 s., i cui interessi sono pero maggiormente rivolti al diritto privato, la conoscenza del diritto romano sarebbe strumentale alla piena comprensione dei sistemi giuridici attuali (di common law e di civil law) nell'ambito di una comparazione essenzialmente sincronico-moderna, similmente Carlo Augusto Cannata, "L'unificazione del diritto europeo, la scienza giuridica e il metodo storico-comparatistico", in Vendita e trasferimento della proprieta nella prospettiva storico-comparatistica. Materiali per un corso di diritto romano, Torino, a cura di Letizia Vacca, 1997, p. 12 s.
7 Recentemente indicato come il nemico piú temibile del principio del merito: vid. Bernardo Giorgio Mattarella, "Il principio del merito", in Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, a cura di M. Renna e F. SAITTA, 2012, p. 158.
8 Vid. Marcello Clarich, op. cit., p. 409, adde Maria Pia Genesin, "Buon andamento e imparzialitá nella disciplina della dirigenza pubblica", in Aequitas sive Deus. Studi in onore di R. Bertolino, Torino, vol. II, 2011, pp. 1404 ss.
9 Vid. recentemente, dell'Autore, Derecho público romano, XV ed., Cizur Menor, 2012, pp. 239 ss. Si inserisce in tale linea di indagine il libro di Carlos Varela, El estatuto jurídico del empleado público en derecho romano, Madrid, 2007, con una sintesi (p. 327 ss.) dedicata al "derecho a la carrera" dei dignitari e dei subalterni operanti nelle amministrazioni civili e militari romane dall'etá monArchica fino al Dominato. Piú in generale al diritto amministrativo e fiscale romano sono dedicate piú di venti monografie pubblicate, sotto la direzione di Antonio Fernández De Buján, nella Collana "Monografías de Derecho Romano", Madrid, Dykinson, 2011.
10 Per il tema qui affrontato é oltremodo significativo il fatto che nel volume dedicato all'evoluzione storica del sistema del merito ("meritsystem"), curato da Sabino Cassese e da Jill Pellew, Le systeme du mérite. The merit system, Bruxelles, 1987, il punto di partenza é fissato appunto agli inizi del xIx secolo (v. p. 7), anche se poi i vari contributi (relativi alla storia amministrativa di Germania Occidentale, Canada, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia) talora si spingono ad epoche anteriori, arrestandosi in ogni caso ai secoli XVII-XVIII.
11 Vid. Lorenzo Ileva, "Meritocrazia nella P.A.? Allora, ritorniamo alle carriere!", in LexItalia. it 1, 2016, p. 4, Il Testo Unico (T.U.) citato é rimasto in vigore fino agli anni Novanta del secolo scorso; vid. Marcello Clarich, op, cit., p. 390.
12 Locuzione usata in Cic., Adfam. 3.11.2, per altre simili espressioni reperibili nelle i v. José María Ribas, Democracia en Roma. Introducción al derecho electoral romano, Granada, 2008, p. 119.
13 Vid. Liv. 40.44.1: "Eo anno rogatio primum lata est ab L. Uillio tribuno plebis, quot annos nati quemque magistratum peterent caperentque", probabilmente lo schema di Villio presupponleva la regola dei decem stipendia, per la quale la presentazione come candidato al primo gradino del cursus honorum (la questura) dovleva avvenire solo dopo aver compiuto 10 anni di servizio militare (v. Polib., Hist. 6.19.4), vid. in proposito specialmente Giovanni Nicosia, Lineamenti di storia della costituzione e del diritto di Roma, Catania, vol. I (rist.), 1989, p. 192 ss., inoltre, José María Ribas, op. cit., pp. 121 s., per una valutazione critica delle i riferibili alla lex Villia, vid. Franco Vallocchia, "Qualche riflessione sul plebiscito del tribuno della plebe Villio del 180 a.C. (la cd. lex Villia annalis)", in Dmtto@Stona, 10, 2011-2012.
14 A Roma il ruolo effettivo del populus nella scelta dei magistrati viene meno a partire dall'imperatore Tiberio (Tac., Ann. 1.15.1: "... tum primum e campo comitia ad patres translata sunt..."), da quell'epoca, salvo una breve parentesi sotto Caligola, l'elezione dei magistrati spetterá al senato e all'imperatore. Per i municipia e le coloniae si puo discorrere di elezioni popolari almeno fino ai primi decenni del III secolo d.C.: arg. ex D. 48.14.1.pr.-1 (Modestino), v. anche Umberto Laffi, "La struttura costituzionale nei municipi e nelle colonie romane. Magistrati, decurioni, popolo", in Gli statuti municipali, Pavia, a cura di Luigi Capogrossi Colognesi ed Emilio Gabba, 2006, p. 130.
15 Vid. recentemente Rosa Mentxaka, "Los requisitos para acceder a las magistraturas locales con base en los escritos de los juristas clásicos", in Veleia, 28, 2011, pp. 27 ss., 31 ss., l'idoneitas é richiesta in un rescritto di Marco Aurelio: D. 50.4.11.1-pr. (Mod. 11 pand.): "Ut gradatim honores deferantur, edicto, et ut a minoribus ad maiores perveniatur, epistula divi Pii ad Titianum exprimitur. Etsi lege municipali caveatur, ut praeferantur in honoribus certae condicionis homines: attamen sciendum est hoc esse observandum, si idonei sint: et ita rescripto divi Marci continetur", v. anche D. 50.4.14.5 (Call. 1 de cognit.): "Gerendorum honorum non promiscua facultas est, sed ordo certus huic rei adhibitus est. Nam neque prius maiorem magistratum quisquam, nisi minorem susceperit, gerere potest, neque ab omni aetate.".
16 Vid. Giusseppe Valditara, Lo Stato nellantica Roma, Soveria Mannelli, 2008, pp. 244 ss.
17 E questa la fase storica nella quale, secondo il Nocera (Il centralismo amministrativo del Tardo Impero, Atti Accad. Rom. Cost. viII, Napoli, 1990, 599), si puo scorgere l'origine della moderna organizzazione statale.
18 Vid. Pietro Cerami, Antonio Corbino, Alessandro Metro e Gianfranco puRpuRA, Ordinamento costituzionale e produzione del diritto in Roma antica, Napoli, 2001, pp. 179 ss., Lucio De Giovanni, Istituzioni scienzagiuridica codici nel mondo tardoantico. Alle radici di una nuova storia, Roma, 2007, 134 ss., 301 ss.
19 In merito alla militarizzazione degli apparati amministrativi centrali vid. Valerio Marotta, "Liturgia del potere. Documenti di nomina e cerimonie di investitura fra Principato e Tardo Impero", in Ostraka 8, 1999, p. 90. L'unitá della militia é concretamente percepibile nell'uso del cingulum (il cinturone militare) imposto anche ai funzionari (palatini) della militia non armata.
20 L'illiceitá normalmente consistleva nello scambio carica pubblicadenaro.
21 Si va Dalla impossibilitá del candidato di ripetere quanto dato al suffragator sancita dall'im-peratore Giuliano (C.Th. 2.29.1, a. 362 d.C., v. Marco Urbano Sperandio, Dolus pro facto. Alle radici del problema giuridico del tentativo, Napoli,1998, pp. 211 ss.), a sanzioni di carattere penale, ravvisandosi in simili ipotesi il crimen ambitus (C.Th. 9.26.1, imp. Arcadio, a. 397 d.C.) o il crimen repetundarum (C. 9.27.6., imp. Teodosio II, a. 439), v. in argomento diffusamente Belén Malavé, Suffragium: un crimen publicum en la frontera de la legalidad, SDH1, 69, 2003, 287 ss.
22 Vid. sul testo Detlef Liebs, "Amterkauf und Amterpatronage in der Spatantike", in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte: Romanistische Abteilung, 95, 1978, p. 175 s., Paul Veyne "Clientéle et corruption au service de l'État: la vénalité des offices dans le Bas-Empire romain", in Annales. Économies, Sociétés, Civilisations, vol. 36, n° 3, 1981, 348 s., Marco Urbano Sperandio, op. cit., p. 213, Arnaldo Marcone, "La corruzione nella tarda antichitá", Rivista storica dell'Antichita, 36, 2006-2007, pp. 118, il quale posticipa l'editto al 362 d.C., quando Giuliano era giá Augusto.
23 Va qui tenuto presente che non poche sono le cariche onorifiche che non implicano l'espletamento effettivo del pubblico servizio: con speciale riguardo alle dignitates (cariche pubbliche, civili e militari, di grado ellevato), vid. C.Th. 6.22, Paolo Garbarino, Ricerche sulla procedura di ammissione al senato nel Tardo Impero romano, Milano 1988, pp. 252 ss., v. anche Francesco De Martino, Storia della costituzione romana 2, vol. Napoli, v, 1975, pp. 382 s.
24 Ho ricavato l'espressione da C.Th. 8.1.13 (imp. Teodosio I, a. 382): "Numerarii nonnisi exacto triennii tempore divinam nostri numinis purpuram venerentur, capitali supplicio subiugandi, si in fraudem constituti vel statuta tempora subterfugere voluerint vel ambitu usurpare maioris militiae dignitatem", su tale lex v. Rosario Soraci, "'Consuetudo fraudium' e 'rigor iuris': repressione a 'corrente alternata' e a direzione variabile", in Corruzione, repressione e rivolta morale nella tarda antichita, Catania, a cura di Rosario Soraci, 1999, p. 235.
25 Lo stesso termine "meritum" per altro in molti casi é inclusivo dei concetti di capacitá e anzianitá di servizio: v., in tal senso, Christopher Kelly, Ruling the Later Roman Empire, Cambridge (Mass.) e London, Harvard University Press, 2004, p. 211, inoltre, Giovanni Alberto Cecconi, op. cit., p. 284, talvolta rinvia, contrariamente al significato attuale, ad una nobile discendenza: vid. Henrik Lóhken, Ordines dignitatum. Untersuchungen zurformalen Konstituierung der spatantiken Führungsschicht, Kóln e Wien, Bóhlau Verlag, 1982, 137, 139. D'altra parte, "meritum", come pure "labor", evoca solo uno scrupoloso esercizio delle ordinarie funzioni e non straordinarie prestazioni: vid. Karl LEO Nethlichs, Beamtentum und Dienstvergehen. Zur Staatsverwaltung in der Spatantike, Wiesbaden, Franz Steiner Verlag GmbH, 1981, p. 89.
26 Richiama solamente i primi due Arnaldo Marcone, op. cit., 116.
27 Vid. C.Th. 7.13.19 = C. 12.43.3 (imp. Onorio, a. 408): "Tirones in scholis loco semper posteriore ponantur. Nec enim patimur quemquam celsioremgradum obtinere, nisi cui et laborum adsiduitas et stipendiorum prolixitas suffragatur", C.Th. 7.3.1 (imp. Teodosio I, a. 393): "In omnibus, qui militiae nomen dederunt, ratio est habenda meritorum, ut is potissimum potiorem adipiscatur gradum, qui meruerit de labore suffragium, nec quaeratur, quis militarit primus, sed quis manserit in studio apparitionis adsiduus", Anna De Francesco, Note sull'"anzianitá di servizio" nel lessico della legislazione imperiale romana, in Diritto@Storia, 11, 2013, pp. 15 s. Per i protectores et domestici (ufficiali della guardia imperiale) v. C.Th. 6.24.7 (imp. Onorio, a. 414): "Domestici atque protectores cum primum ad decemprimatus gradum ordine militiae temporis prolixitate pervenerint, statim sibi praeter primicerium decem sequentes senatoriam vindicent dignitatem seque cum allectione clarissimos nostro iudicio gratulentur, recedentibusque proceribus succedens sibi per matriculae ordinem usque ad praescribtum modum vindicet, quisquis accedit. Ad nullas praeterea senatorii ordinis vocentur expensas, quibus non ambitio, sed meritum et nostrum spontaneum cognoscitur iudicium detulisse".
28 Vid. Monum. Perg. A ll. 11-15, B ll.15-18, Faith Onur, "The Military Edict of Anasta-sius from Perge: A Preliminary Report", in Le métier de soldat dans le monde romain, Lyon, éd. C. Wolff, 2012, pp. 24, 30, Id., Monumentum Pergense. Anastasios'un Ordu Fermani, Istanbul, 2014, 48, 54 (testo dell'iscrizione).
29 Vid. C.Th. 7.1.18 = C. 12.35.14 (imp. Onorio, a. 400): "Contra publicam utilitatem nolumus a numeris ad alios numeros milites nostros transferri. Sciant igitur comites vel duces, quibus regendae militiae cura commissa est, non solum de comitatensibus ac palatinis numeris ad alios numeros militem transferri non licere, sed ne de ipsis quidem pseudocomitatensibus legionibus seu de ripariensibus castricianis ceterisque cuiquam eorum transferendi militem copiam adtributam, quia honoris augmentum non ambitione, sed labore ad unumquemque convenit devenire. Quod si qui contra fecerint, per singulos milites singulas auri libras a se noverint exigendas", costituzione indirizzata al magister militum Stilicone, vid. V. Giuffré, Letture e ricerche sulla "res militaris", vol. II, Napoli, 1996, p. 398.
30 Sulla nozione tardo-imperiale di utilitas publica vid. Jean Gaudemet, Utilitas publica, in RHD 29, 1951, pp. 480 ss., specialmente, con riguardo ad Onorio, p. 483, inoltre, Giannetto Longo, "Utilitas publica", in Labeo 18, 1972, p. 52.
31 Vid., con richiami (nel capitolo I) al diritto romano e alla tradizione romanistica, Johann Friedmann Schneider, Dissertatio iuridica, De promotionibus per saltum, Halle, 1706. Nel Tardo Impero le carriere ecclesiastiche osservavano un ordine gerArchico a simiglianza di quelle civili, ma é difficile scorgere in proposito un recepimento nel diritto canonico di norme del diritto romano, vede un semplice "parallélisme" Jean Gaudemet, La formation du droit séculier et du droit de l'Eglise aux 1Ve et Ve siecles, Paris, II ed.,1979, p. 228, similmente Albert Gauthier, Le droit romain et son apport a l'édification du droit canonique, Ottawa, 1996, pp. 3 s. Anche per le supreme cariche ecclesiastiche si pone il problema se privilegiare il merito (e favorire promotiones per saltum persino di esterni all'ordine ecclesiastico) o l'anzianitá di servizio: vid. Sid. Apoll., Ep. 7.9.12 (a. 470-471 d.C.): "Si clericum dixero, sequentes aemulantur, derogant antecedentes. Nam ita ex his pauci, quod reliquorum pace sit dictum, solam clericatus diuturnitatem pro meritis autumant calculandam, ut nos in antistite consecrando non utilitatem velint eligere sed aetatem, tamquam diu potius quam bene vivere debeat accipi ad summum sacerdotium adipiscendum", trad. fr.: "Si jappelle un clerc, il est jalousépar ceux qui le suivent dans la hiérArchie, il est dénigrépar ceux qui le précedent: quelquesuns de ces derniers (soit dit sans offenser les autres) estiment en effet que la durée du temps de cléricature doit étre seule prise en considération avant les mérites, en sorte quils voudraient que, dans la consécration d'un prélat, nous choisissions non l'intérét général mais Tancienneté, comme si une longue vie plutot quune vie sage dlevait étre recue comme un garantie pour obtenir la plus haute dignité sacerdotal^' (v. Jean Gaudemet, Les elections dans l'Eglise latine des origines au XV1e siecle, Paris, 1979, p. 40).
32 Vid. C.Th. 6.22.1 (imp. Costantino, a. 324-6, per la data v. Paolo Garbarino, op. cit., 252 nt. 155): "Hos enim solos, qui intra palatium versati sunt vel adminstrationibus functi, ad honores excipi oportebit ceteris cunctis exemptis et curiis restitutis".
33 Vid. C.Th. 12.1.25 (imp. Costanzo II, a. 338): "Quoniam emptae dignitatis obtentu curias vacuefactas esse non dubium est, placuit, ut cuncti, qui suffragiis dignitatum insignia consecuti sunt, inmeriti honoris splendore privati civilium munerum sollemnitate fungantur", inoltre, C.Th. 6.22.2 (imp. Costanzo II, a. 338): "Ab honoribus mercandis per suffragia vel qualibet ambitione quaerendis certa multa [scil. Costantino] prohibuit. Cui addimus, ut quicumque fugientes obsequia curiarum umbram et nomina adfectaverint dignitatum, tricenas libras argenti inferre cogantur, manente illa praeterea illatione auri, qua perpetua lege constricti sunt", vid. Ramsey Mcmullen, La corruzione e il declino a Roma, Bologna, trad. G. Clemente, 1991, p. 318 nt. 123, Mikael Papadimitriou, Le "suffragium" et la corruption administrative dans Tempire romain au 1Ve siecle, Montréal, 2014, pp. 49 ss.
34 Vid. C.Th. 6.29.4 (imp. Costanzo II, a. 359): "Cesset omnis ambitio atque suffragium in schola vestra. Etenim cuncti ita agere debebitis, quatenus labore atque ordine ad cursum regendum et ad curas agendas iudicio scholae et ordinis merito dirigamini, ita ut nihil vestri principis ex his, quae geri in re publica videritis, notitiae subtrahatis, scientes poenis eum debitis subiugari, qui tantum facinus ausus fuerit perpetrare", su cui v. Belén Malavé, op. cit., p. 294, C.Th. 1.9.2 = C. 1.31.2 (imppp. Valentiniano, Teodosio I, Arcadio, a. 386): "Nefas est a minoribus maiora vel posci vel sperari: ideoque nemo a nobis postulet agentum in rebus aliquem militiae potiori sociari, nisi quem tua acceptio probari debere significat, ita ut petitorem constet loco esse potiorem. Ordinem vero militiae atque stipendia nemo praevertat, etiamsi nostri numinis per obreptionem detulerit indultum: ac si formam istius modi docebitur obtulisse, in locum, ex quo indecenter emerserat, revertatur, ut isgradu ceteros antecedat, quem stipendia longiora vel labor prolixior fecerit anteire", su cui v. Anna De Francesco, op. cit., p. 17, inoltre, C.Th. 6.27.19 (imp. Teodosio II, a. 417): "Agentum in rebus indiscreta merita esse non sinimus nec indignos frui privilegiis laborantum. Ideoque sancimus, ut nullus ex his emendicato suffragio ad honorem principatus audeat adspirare, nisi quem ordo militiae ac laborum testimonium ad hunc honoris gradum provexerit... Hos sane, qui quoquomodo per ambitionem sine ullo stipendiorum suffragio memoratam principatus adepti sunt dignitatem, post eos, qui laborum merito consecuti sunt, numerari decernimus", su cui v. ancora Belén Malavé, op. cit., pp. 298 s., 311 s. Sull'ingresso e la progressione di carriera nella schola degli agentes in rebus v. anche Roland Delmaire, Les institutions du bas-empire romain de Constantin a Justinien. Les institutions civiles palatines, Paris, 1995, pp. 100 ss., e, da ultimo, Antonio Fernández De Buján, "Contribución al estudio de la vigilancia, seguridad ciudadana y orden interno en el marco de la administración pública romana. Especial referencia a los agentes in rebus", in Hacia un derecho administrativo, fiscal y medioambiental romano, Madrid, vol. III, Antonio Fernández De Buján (dir.), coedd. G. Gerez e A. Trisciuoglio, spec. § 3, 2016. Sulla matricula (registro dei membri del corpo amministrativo iscritti secondo l'ordine di anzianitá di servizio) e l'espressione "matricula decurrente (che allude all'avanzamento secondo l'anzianitá) v. Roland Delmaire, op. cit., pp. 22 s.
35 Vid. C.Th. 12.1.20 (imp. Costantino, a. 331): "Nullus decurionum ad procurationes vel curas civitatum accedat, nisi omnibus omnino muneribus satisfecerit patriae vel aetate vel meritis. Qui vero per suffragium ad hoc pervenerit administrare desiderans, non modo ab expetito officio repellatur, sed epistola quoque vel codicilli ab eo protinus auferantur, et ad comitatum destinentur".
36 Vid. C. 12.7.2.4 ( imp.Zenone, s.d.): "Illud praecipue provisionem nostram flagitare perspeximus, ne per ambitionem aut gratiam aut cuiuslibet occasionis obtentu vel laborum seu sollicitudinum specie publico-rum cuiquam liceat aliquando graduum seriem conturbare et temporum ratione calcata dudum militantibus anteferri et, quae longis prolixisque stipendiis defensa iam pollicetur senectus, gratiosa festinatione subripere", sul testo v. con spunti esegetici Anna De Francesco, op. cit., p. 19 s.
37 Vid. Henrik Lóhken, op. cit., p. 143 e i ivi citate.
38 Questo, va chiarito, per le cariche civili e militari piú ellevate (dignitates), per gli uffici minori (militia) potleva essere sufficiente, come documento di nomina, una probatoria rilasciata anche da un'autoritá inferiore: vid. Arnold Jones, Hugh Martin, The Later Roman Empire 284-602: A Social, Economic and Administrative Survey, vol. I, Oxford, Basil Blackwell, 1964, p. 378, De Martino, op. cit., p. 378.
39 Vid. supra, nt. 27.
40 Vid. supra, nt. 16.
41 Sull'adiutor vid. Roland Delmaire, op. cit., p. 103 s.
42 Vid. C.Th. 1.9.1 (imp. Costanzo II, a. 359): "Adiutor praeterea, in quo totius scholae status et magistri securitas constituta est, omni schola testimonium praebente, idoneus probitate morum ac bonis artibus praeditus nostris per magistrum obtutibus offeratur, ut nostro ordinetur arbitrio", Fritz Saaby Pedersen, Late Roman Public Professionalism, Odense, Odense University Press, 1976, p. 25, p. 34, Roberto Morosi, Il princeps officii e la schola agentum in rebus, in Humanita, 31-32, 1979-80, p. 29 nt. 42, specialmente, sul significato di idoneus, Lucietta DI Paola, I curiosi in etá tardoantica: riflessioni in margine al titolo vI,29 del Teodosiano, in Le Code Théodosien. Diversitédes approches et nouvelles perspectives (cur. Crogiez-Pétrequin, Sylvie - Jaillette, Pierre), Rome, École Francaise de Rome, 2009, p. 132. Nella versione della costituzione accolta nel Codex repetitae praelectionis (C. 1.31.1) la frase "omni schola testimonium praebente" é stata omessa, con ogni probabilitá in epoca giustinianea il giudizio della schola degli agentes in rebus non era piú richiesto. Per altre testimonianze circa il coinvolgimento della schola nei processi valutativi v. C.Th. 6.29.4 (imp. Costanzo II, a. 359), forse (arg. ex "laborum testimonium") C.Th. 6.27.19 (imp. Teodosio II, a. 417), per i testi delle due citate leges vid. supra, nt. 33.
43 Sulla c.d. riforma Brunetta vid. recentemente Marcello Clarich, op. cit., p. 401, Francesco Caringella, Manuale di Diritto Amministrativo, IX ed., Roma, Dike Giuridica Editrice, 2016, pp. 630 ss.
44 Vid. art. 1, comma 129, della legge n. 107 del 13 luglio 2015, che disciplina il Comitato per la valutazione dei docenti nella scuola pubblica. Per l'inadeguatezza di una valutazione affidata al solo dirigente, vid. Lorenzo Ileva, Op. Cit., pp. 5 ss.
45 Ad uno spirito d'appartenenza dei praefectiani (gli officiales sottoposti al praefectus praetorio) in etá giustinianea accenna James Caimi, Burocrazia e diritto nel De Magistratibus di Giovanni Lido, Milano, Giuffré, 1984, p. 83, sul "sens of unity and identity" dei burocrati tardoimperiali vid. piú in generale Christopher Kelly, op. cit., pp. 36 ss.


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